Il Clima sta cambiando: dati e prospettive per il futuro dei rischi property
Secondo il rapporto sul clima “Atlas of Mortality and Economic Losses from Weather, Climate and Water Extremes” pubblicato dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM) dell’ONU, tra il 1970 e il 2019 sono stati più di 11.000 i disastri attribuiti a condizioni meteorologiche e climatiche, eventi che hanno causato poco più di 2 milioni di vittime e 3.640 miliardi di dollari di perdite.
Il segretario dell’Omm, Petteri Taalas, ha dichiarato che “come conseguenza del cambiamento climatico, il numero di manifestazioni estreme di clima, meteorologia e acqua sta crescendo, e questi fenomeni diventano sempre più frequenti”.
Inoltre, in tutto il mondo, l’effetto di questi eventi atmosferici continuano nel tempo a incidere negativamente sulla salute, sull’economia e sullo sviluppo sociale.
Anche in Italia assistiamo sempre più frequentemente a quei fenomeni che una volta avremmo definito “eccezionali” registrando, tra il 1999 e il 2018, 19.947 vittime e perdite economiche quantificate in 32,92 miliardi di dollari.
L’Italia si trova proprio al centro di un’area considerata dagli scienziati un “hot spot” del cambiamento climatico: il Mediterraneo.
Risulta quindi una delle aree più sensibili e prevedibilmente soggette alle conseguenze del climate change, per via dell’aumento della temperatura e della diminuzione delle precipitazioni, che potrebbe provocare conseguenze imprevedibili in rapporto, tra le varie cose, alla temperatura dei mari, all’intensità dei venti delle precipitazioni e dei fulmini.
Grazie all’Osservatorio Cittàclima di Legambiente, che ha l’obiettivo di raccogliere e mappare le informazioni sui danni provocati in Italia dai fenomeni climatici, è stato possibile individuare 507 Comuni dove si sono registrati, dal 2010 al 2020, eventi rilevanti. In totale sono ben 946 gli accadimenti riportati sulla mappa del rischio climatico.
Tra gli esempi dei comuni più colpiti c’è Roma dove, dal 2010 a fine Ottobre 2020, si sono verificati 47 eventi rilevanti di cui 28 hanno riguardato allagamenti a seguito di piogge intense, e Bari con 41 eventi, principalmente allagamenti da piogge intense (20) e danni da trombe d’aria (18).
Tra i casi più significativi non manca Milano con 29 eventi totali di cui almeno 20 esondazioni dei fiumi Seveso e Lambro.
Siamo di fronte, quindi, a eventi di sempre maggiore frequenza e magnitudo la cui capacità di creare danni “istantanei” a persone e cose è evidente.
Per quanto riguarda i danni alle cose, ed in particolare alle costruzioni edili, meno evidente è invece il nuovo aspetto, indotto dall’interazione di più lungo periodo, con il climate change.
Architetti e ingegneri progettano gli edifici e le strutture come i ponti tenendo conto del clima del luogo in cui saranno realizzati, adeguandosi a standard di progettazione in grado di sopportare le sollecitazioni dovute all’escursione termica, alle precipitazioni, al vento, alla neve, ecc.
La crisi climatica però sta cambiando velocemente le carte in tavola e le varie normative di progettazione adottate potrebbero risultare obsolete in tempi brevi con gli effetti insidiosi e più lenti del cambiamento climatico che rischiano di compromettere gradualmente le funzioni essenziali di opere relativamente recenti.
Secondo la Fondazione Cmcc, il Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti climatici, in Europa nei prossimi 50 anni si assisterà a un notevole incremento sia della temperatura (dai 3 ai 5 gradi) che dell’umidità relativa, quest’ultimo un fattore che accelererà il processo di corrosione esponendo le strutture a maggiori stress e minando la sicurezza delle costruzioni.
Il caso più significativo in questo senso risulta essere quello calcestruzzo armato, uno dei materiali più diffusi al mondo per la costruzione di case, grattacieli, ponti e viadotti. Un clima più caldo e umido, ne altera la durabilità: se arrugginita per effetto dell’acqua, l’armatura si gonfia a seguito della formazione di ossidi e spacca il cemento, indebolendo la struttura.
Ma non solo, il calcestruzzo subisce infatti anche la carbonatazione, processo in cui l’anidride carbonica dell’aria reagisce con il materiale e forma il carbonato di calcio. Questo elemento chimico abbassa il pH del calcestruzzo esponendo ulteriormente l’acciaio alla corrosione (dagli anni Cinquanta a oggi la concentrazione di CO2 nell’atmosfera è passata da circa 300 ppm – parti per milione – a ben più di 400).
Proprio perché nel nostro Paese è atteso un significativo aumento della temperatura media a livello nazionale entro il 2070 (addirittura, in alcune regioni potremo avere fino a 5-6 gradi in più rispetto ad oggi) l’unica soluzione è adattare le costruzioni alle nuove condizioni provvedendo ad ammodernare i palazzi esistenti e a costruirne di nuovi in grado di sopportare la crisi climatica in atto. Adeguare continuamente gli standard di progettazione rappresenta uno strumento chiave per migliorare la resilienza e per garantire la sicurezza.
La sfida per il mondo assicurativo sarà poi quella di fronteggiare e valutare non solo l’impatto di una sempre maggiore sinistrosità da catastrofi naturali, ma anche, di fornire adeguate e mirate coperture a garanzia delle nuove costruzioni che nella loro vita andranno incontro a cimenti sempre maggiori.
Fonti:
“Atlas of Mortality and Economic Losses from Weather, Climate and Water Extremes” – Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM)
“Il clima sta cambiando” – Rapporto 2020 dell’Osservatorio di Legambiente Cittàclima
Ran Boydell, “Come costruire le case del futuro” – Internazionale 1423 / 20 agosto 2021
https://www.rinnovabili.it/ambiente/cambiamenti-climatici/edifici-e-infrastrutture-corrosi/